Esiste qualcosa di più complicato, del sottile equilibrio, che regola le relazioni interpersonali?
In tanti anni di corsi, a contatto con la gente, ho visto come i conflitti personali fossero spesso all’origine di problemi, diventati col tempo, di proporzioni impressionati.
Il famoso effetto “valanga”: da un’incomprensione apparentemente insignificante, si genera una rottura, che col tempo, diventa quasi irrisolvibile.
Di chi è la colpa?
Questa è la domanda che più piace a chi è coinvolto in problemi di natura personale.
Perché fino all’ultimo, l’orgoglio, l’ego e il senso di rivalsa devono farsi sentire: per spaccare il capello in quattro sulle responsabilità. (altro…)
Comunicare significa essere in grado di farsi ascoltare, in molti casi di convincere e sicuramente di guadagnarsi il rispetto di chi ci ascolta. E se questa è una cosa già di per sé non facile con un singolo interlocutore, con un gruppo di persone, magari molto numeroso, diventa sicuramente ancor più impegnativo.
Insomma, quando si parla in pubblico, le abilità da mettere in gioco, diventano importanti e avventurarsi senza una preparazione – andare “allo sbaraglio” – sarebbe un errore fatale.
Sostanzialmente, bisogna lavorare su 2 fronti: migliorare le nostre doti comunicative ed eliminare gli errori più comuni.
Contrariamente a quello che si pensa, la comunicazione in pubblico, non ha a che fare con regole rigide da osservare scrupolosamente. Al contrario, afferrati i concetti generali, l’obiettivo è quello di liberarsi degli schemi prestabiliti, per comunicare nel modo più naturale possibile. (altro…)
Le ho seguite con passione sin da quando ero bambino e come qualsiasi bambino ho sognato più volte di esserci…
Ed è sicuramente stato questo il motivo principale che mi ha portato a dire sì quando mi è stato proposto prima dall’allenatore di Marta Menegatti e Greta Cicolari, campionesse italiane di beach volley e poi dalla tiratrice a volo Jessica Rossi, di seguirle come mental coach nell’avventura di Londra 2012.
Due sport diversi. Uno di coppia contro avversarie altrettanto agguerrite, l’altro da soli contro se stessi. Due sfide affascinanti. E soprattutto la possibilità di partecipare a un’Olimpiade non da spettatore, ma come parte integrante del team. Il bambino che è ancora ben vivo dentro di me non poteva certo perdere questa opportunità!…
E devo dire che è stata un’esperienza stupenda sotto ogni punto di vista.
Da un punto di vista professionale le due situazioni erano notevolmente differenti e anche per questo estremamente intriganti. Continua a leggere… (altro…)
Per una volta proviamo a partire dal fondo, come quei film che nei primi secondi mostrano la scena finale.
Nel nostro caso, la ripresa inizia in campo lungo, stringendo gradualmente su un gruppo di uomini e donne. Sorridenti e con sguardi attenti, seguono le parole di un uomo che sembra essere sul finire del suo discorso. Infatti, con tono conclusivo, la sua voce diventa comprensibile su queste parole: “… ed ecco perché, piacere e dolore, sono le 2 forze che ci guidano nell’agire.”
Non sappiamo ancora di cosa avessero parlato, ma prima di scoprirlo facciamo un passo indietro.
In questi anni di formazione, come Coach e come studente (eh già, non si finisce mai di apprendere!), ho avuto la possibilità di studiare davvero tante tecniche sul miglioramento personale. Di queste, molte venivano presentate come “miracolose” e credo che qualcosa di simile sia successo a tutti quelli che come me si sono mossi in questo settore. Ma facendo la conta dei morti sul campo di battaglia, è facile accorgersi che dopo molti anni, di tutti gli “strumenti” che abbiamo appreso, molti non servivano, altri non funzionavano e pochi erano davvero preziosi.
Niente di male se siamo riusciti a fare nostri quelli preziosi. Sono quelli che fanno la differenza.
Nella lista dei preziosi, il concetto di “leva” entra a pieno titolo e, proprio come il principio fisico (che agisce grazie a una meccanica precisa ma semplice), la leva che possiamo utilizzare per migliorare la nostra vita, sfrutta una forza modesta permettendoci di ottenere risultati grandiosi.
Nell’essere umano, le forze che fanno muovere questa leva, sono il piacere e il dolore: da qui la definizione di “leva piacere/dolore”.
La cosa è molto più semplice di quello che sembri. Istintivamente facciamo le nostre scelte in modo che rispettino sempre queste due condizioni: allontanarci dal dolore e avvicinarci al piacere.
Leve, forze, dolore e un film che stava finendo… Quando le cose sembrano poco chiare, pensare alla vita di tutti i giorni, aiuta a trovare un riscontro reale.
Pensiamo quindi a una delle tante volte in cui ci siamo sentiti motivati: eravamo sicuramente carichi di entusiasmo, con il pieno di energie fisiche e mentali e capaci di focalizzare ogni nostra azione sui risultati. Bella sensazione vero?
Allo stesso modo, tutti abbiamo provato l’orrenda sensazione di essere demotivati, vicini all’apatia in alcuni casi. Spenti, con le energie fisiche e mentali a zero e una strana (e dannosa) capacità di focalizzare ogni pensiero su aspetti negativi e fallimenti.
Abbiamo sperimentato entrambe le situazioni, ma quello che spesso ci manca è la consapevolezza per stimolare noi stessi ad accedere allo stato d’animo desiderato.
La nostra capacità di entrare e uscire da uno stato di entusiasmo e da una sensazione di apatia può essere facilmente regolata, dipende infatti dalla leva piacere/dolore.
Associamo del dolore a qualcosa da fare e sicuramente entreranno in campo tutti gli elementi capaci di disincentivare quella scelta. Vedremo all’improvviso solo gli aspetti negativi, perderemo la capacità di intravedere un successo all’orizzonte e avremo la strana sensazione fisica e mentale di non avere le forze necessarie per affrontare l’impresa.
Lo stesso processo si svolge con precisione anche in positivo. Associamo piacere a un obiettivo e improvvisamente troveremo forze, entusiasmo, energia mentale e fisica e ottimismo per affrontare l’impresa.
Finché il piacere sarà superiore al dolore procederemo con entusiasmo, nel caso contrario arresteremo subito tutto, bloccando ogni azione propositiva.
La leva quindi non fa nulla di sbagliato, tutt’altro, si adopera per allontanarci dal dolore e avvicinarci al piacere. Mette in campo una forza capace di attrarre e respingere situazioni desiderate e indesiderate.
Per questo diventa determinante la nostra visione delle cose, la nostra capacità di associare piacere o dolore alla singola situazione, focalizzandoci su ciò che è meglio per noi e mettendo a fuoco ciò che, al contrario, non è positivo.
Vogliamo smettere di fare qualcosa, perché sappiamo che è un male per noi, ma non ci riusciamo? Associamo più dolore a quella situazione! Quali saranno le conseguenze negative dell’indulgere in quel comportamento o in quell’abitudine nociva? Cosa mi potrebbe costare? Dove mi porterà in 3, 5, 10 anni continuare a trovarmi scuse e non fare ciò che è giusto?…
L’esempio classico è quello di perdere un vizio negativo, per esempio fumare: finché la quantità di piacere associata alla sigaretta sarà superiore alla quantità di dolore legata al fare del male a se stessi, non ci sono speranze di rompere la nostra amicizia quotidiana con il tabaccaio all’angolo. Ma nel momento stesso in cui sulla bilancia, il dolore peserà più del piacere, la leva farà il suo lavoro senza problemi. Ed è in effetti il meccanismo mentale utilizzato per lo più inconsciamente dalla maggior parte di coloro che hanno smesso di fumare.
Quello delle sigarette è un esempio tra tanti, ma lo stesso vale per cattive abitudini alimentari o altri atteggiamenti altamente nocivi per la nostra salute, così come per scelte che porterebbero enormi benefici nella nostra vita, ma che continuiamo a rimandare.
Insomma, le casistiche sono tante, ma tutte rispondono senza eccezioni al principio della leva che continua a seguire semplici dinamiche per regolare le nostre scelte. Il piacere accende il nostro motore e il dolore lo arresta “ed ecco perché, piacere e dolore, sono le 2 forze che ci guidano nell’agire”.
PS: è arrivata l’estate!… Vuoi associare piacere all’idea di dimagrire, mangiare meglio, alzare i tuoi livelli di energia e vitalità? Insomma condizionarti positivamente nei confronti del tuo benessere?… Scopri subito l’audio/video corso “Energy in Action!” creato da me e Roy Martina!
Sono fiero di informarvi che tra poco sarà presentato ufficialmente il DVD “The Leadership Factor”, il film dove, con le loro testimonianze, grandi Leader italiani raccontano la leadership.
Nel frattempo eccovi il trailer!!! 🙂
Quando parliamo di linguaggio, immaginiamo solitamente un dialogo tra due o più persone che per comunicare utilizzano un “linguaggio” comune.
Nulla di strano, quindi.
Quello che spesso dimentichiamo invece, riguardo al linguaggio, ha a che fare con l’interlocutore più importante in assoluto con cui ci troviamo a comunicare ogni giorno: noi stessi.
A volte sono vere e proprie chiacchierate, quando abbiamo l’abitudine di pensare ad alta voce, altre volte restano pensieri. In entrambi i casi quello che ci diciamo, attraverso il nostro dialogo interno, ha un potere incredibile e influenza enormemente ciò che facciamo e chi diventiamo.
Se nella comunicazione con le altre persone, gli studi più accreditati stimano che l’influenza della comunicazione verbale, delle parole, si attesta attorno al 7%, quando parliamo con noi stessi di certo il peso delle parole diventa ben più importante. Infatti, quando parliamo con noi stessi, quando riflettiamo e facciamo le nostre considerazioni personali, l’importanza del nostro linguaggio è fondamentale.
Le parole hanno il potere di veicolare emozioni e, proprio per questo, una parola non vale l’altra. Le parole che usiamo per descrivere un’esperienza, possono amplificare o ridurre l’intensità emozionale dell’esperienza stessa.
Se ti descrivo un film che ho visto come “carino” oppure come “fantastico”, in entrambi i casi il film rimane lo stesso, ma la percezione che tu ricevi dalle mie parole è molto diversa, così come la tua voglia di andarlo a vedere tua volta! Che emozioni muove la parola “carino” e quali invece la parola “fantastico”?!?
Purtroppo solitamente la maggior parte di noi ha un brutto vizio: tendiamo ad amplificare le cose in negativo e a sminuirle in positivo. È molto più frequente che le persone trasformino in “disastroso” qualcosa di sgradevole e in “non male” qualcosa di molto gradevole!…
Ma non vorrei che ti sembrasse un discorso fatto solo di parole 🙂 e che poi nel concreto ha poco a che fare con la vita di tutti i giorni. Al contrario!
L’intero argomento è così importante che posso dirti con certezza che solitamente il mese dedicato al “Potere del Linguaggio”, nella Leadership University, è uno di quelli che permette uno dei più grandi salti di qualità nella crescita dei partecipanti.
Cosa e come comunichiamo a noi stessi è un pilastro imprescindibile se vogliamo parlare davvero di miglioramento personale e in questo articolo voglio mostrarti alcuni esempi di trabocchetti linguistici in cui restiamo intrappolati.
Una delle insidie più pericolose è quella delle generalizzazioni.
Tendiamo abitualmente a generalizzare e questo perché in tante cose ci semplifica la vita: ad esempio svolgiamo in automatico moltissime azioni (basti pensare alle azioni quotidiane più comuni) senza bisogno di ragionare, proprio perché generalizziamo. “Si fa sempre così” è il ragionamento inconscio, ed ecco che se ci troviamo davanti a una porta che non abbiamo mai aperto, il nostro cervello generalizzando la aprirà senza compiere lo sforzo di ragionare su come dobbiamo fare, d’altra parte tutte le porte si aprono in quel modo!…
Tuttavia, quando invece cominciamo a parlare a noi stessi usando molte generalizzazioni e senza esserne particolarmente consapevoli, allora corriamo un grosso rischio. Di fronte a un problema, in particolare, è facilissimo partire in quarta utilizzando degli assoluti nel nostro dialogo interno (“sempre”, “mai”, “tutti”, “nessuno”, ecc.)
Ecco alcuni esempi trabocchetti micidiali, rappresentati da tipiche frasi che, se ripetute con intensità, sono capaci di rendere impossibili cose possibili:
“Non ci posso fare niente”
“Tanto non ci riesco”
“E’ impossibile”
“Non ce la farò mai”
“Sbaglio sempre”
Ovviamente non è così. Non è impossibile, non è vero che sbagliamo sempre, non è vero che non ci possiamo fare niente.
Ma il fatto di dircelo, ripetercelo e sottolineare lo sbaglio in questo modo, rende le cose più che reali, un vero e proprio dato di fatto. Trasformarle in un assoluto le rende una verità indiscutibile…
E nel momento in cui il nostro cervello prende per buona la generalizzazione, non si impegna nemmeno più a trovare una soluzione! Insomma, tutto ciò che ci ripetiamo con intensità, diventa vero per noi.
Ovviamente facciamo tutto da soli: creiamo un messaggio limitante con parole che utilizzano degli assoluti e ce lo serviamo su un piatto d’argento per fare a noi stessi un bell’autogoal!
Ecco che cambiare una sola parola a volte può davvero cambiare le emozioni, le convinzioni e i risultati che otteniamo nella vita.
Rivedere il nostro vocabolario e i termini che siamo soliti utilizzare nel nostro dialogo interno può stravolgere in positivo la nostra vita e quella delle generalizzazioni è solo una piccola parte degli scherzi micidiali che il nostro linguaggio è capace di mettere in pratica.
Approfondiremo sicuramente nei prossimi articoli questo argomento, nel frattempo impariamo a lasciarci alle spalle gli assoluti:
non aiutano mai e sono sempre dannosi! 🙂
Proprio l’altro giorno mi sono trovato a partecipare a una riunione, una di quelle riunioni dove alcuni partecipanti vengono presentati per la prima volta mentre altri si conoscono da tempo. Ed essendo tra quelli che venivano presentati per la prima volta ero ben presente, attento e in posizione di ascolto.
Purtroppo mi sono accorto ben presto che la riunione sarebbe andata per le lunghe e che non avremmo concluso gran che…
Alla base infatti c’era un grosso problema di comunicazione.
Gente che lavorava assieme da 10 anni e ancora non si capiva (o non si ascoltava), messaggi poco chiari, contraddizioni e il mio tempo che se ne andava senza possibilità di recuperarlo.
Vi è mai capitata una cosa del genere?
Ho il forte sospetto che la risposta sia si, che siate rimasti vittime almeno una volta di una situazione simile.
Quello che mi ha colpito, è che le cose non andavano per le lunghe a causa di posizioni diametralmente opposte. Tutt’altro, erano bene o male tutti d’accordo e saremmo potuti andare a casa in mezz’ora, ma non si arrivava mai al dunque.
E’ vero che comunicare con un gruppo di persone non è come comunicare con una persona sola, ma in entrambi i casi valgono le regole di una comunicazione efficace. L’unica grande assente della riunione.
Sulla comunicazione e su come vada gestita, spesso c’è un po’ di confusione, insomma… non ci si capisce! 🙂
Il fatto di essere ben informati sull’argomento, di sapersi esprimere bene e di avere un buon livello culturale non significa necessariamente essere un “buon comunicatore”.
Comunicare è infatti molto diverso da “informare”. Spesso confondiamo le due cose.
Possiamo valutare facilmente la qualità di una comunicazione in questo modo: quanto ha capito l’interlocutore del nostro messaggio?
Ecco dove si deve concentrare la nostra attenzione: non su di noi, sulle nostre abilità e sulla nostra bravura, ma sul nostro interlocutore.
Se chi ci ascolta ha compreso esattamente il messaggio, allora siamo stati bravi a comunicare. Altrimenti no, indipendentemente da quanto siamo stati raffinati, precisi e preparati nell’informare.
E’ il “passare del messaggio” – oppure no – a determinare il nostro successo in comunicazione.
La comunicazione ha infatti sempre uno di questi 2 obiettivi (spesso entrambi):
– far intraprendere un’azione all’interlocutore
– far sì che l’interlocutore prenda coscienza di qualcosa
Per raggiungere questi obiettivi, spesso diamo un’importanza quasi totale alle parole dimenticandoci che chi ci sta di fronte recepisce un messaggio molto più ampio.
Una comunicazione efficace infatti è costituita solo per il 7% dalle parole, un buon 38% è costituito dall’uso che facciamo della nostra voce (tono, espressione, velocità, ecc) e un 55% dalla nostra comunicazione non verbale.
Lavorare solo sul 7% e ottenere un risultato da 100% sarebbe un vero miracolo!
Questi 3 elementi – contenuto, tono, linguaggio non verbale – devono inoltre comunicare un messaggio coerente: se le parole dicono una cosa e il linguaggio del corpo ne comunica un’altra, istintivamente percepiamo la comunicazione come dubbia, non ci convince.
Inconsciamente sappiamo che c’è qualcosa che non va.
Infine, se mettiamo la nostra attenzione sul destinatario, questo ci sarà utile anche per monitorare costantemente se sta seguendo il nostro discorso e se sembra recepirlo nel modo che desideriamo.
Dobbiamo costantemente confrontarci con l’interlocutore per capire se la comunicazione sta funzionando in modo efficace.
Perché ricordiamoci sempre che se gli altri non hanno capito è nostra responsabilità!
Quindi per comunicare effettivamente teniamo sempre a mente queste cose:
1. attenzione al destinatario perché dobbiamo “passare” un messaggio
2. attenzione ai 3 elementi della comunicazione: contenuto, tono e linguaggio non verbale
3. attenzione al feedback delle persone alle quali comunichiamo, pronti a modificare la nostra comunicazione per arrivare dove vogliamo arrivare
Lo scopo è eliminare le barriere alla nostra comunicazione e creare delle autostrade per le nostre idee così che, quando abbiamo qualcosa di valido e interessante da condividere, il messaggio arrivi chiaramente agli altri.
La nostra vita è comunicazione, è lo strumento per far vivere le nostre idee e trasformare non solo la nostra vita, ma anche quelle degli altri e magari il mondo.
E poiché a scuola non ce l’hanno insegnata (e incredibilmente ancora oggi non la insegnano ai neppure ai nostri figli!), vale la pena decidere di dedicarci tempo ed energie per studiarla, conoscerla e utilizzarla efficacemente!
Se volessimo rispondere alla domanda “Come influiscono le credenze sulla nostra vita?” dovremmo necessariamente usare degli assoluti: sempre, in maniera determinante e con grande precisione!!! Maledette, sono infallibili!
Il problema è che molte volte agiscono nella direzione sbagliata. Giocano troppo spesso nella squadra dei cattivi.
Per evitare confusione con chi non ha familiarità con l’argomento e lo affronta per la prima volta è utile definire sinteticamente il significato di “credenza” come una sensazione di certezza riguardo a qualche cosa. Cioè semplicemente un qualcosa che crediamo e di cui siamo certi.
Oggi voglio parlarvi delle credenze (o convinzioni) limitanti, quelle “cattive” per capirci.
Queste sono capaci di porre dei limiti che nella realtà non esistono, di proiettare segnali di divieto che sono del tutto virtuali, pura immaginazione, ma se interpretati come reali diventano un freno micidiale.
In generale, va detto che per quanto ognuno di noi creda di giungere a ogni conclusione attraverso un percorso logico e razionale, esistono una moltitudine di convinzioni maturate nel tempo che piantano dei paletti solidi e influenzano ogni nostra decisione: sono le nostre credenze, appunto. Terribilmente efficaci nel filtrare il nostro modo di interpretare la realtà.
Ovviamente non è che ci sia qualcosa di sbagliato nel fatto di avere delle convinzioni, è del tutto naturale! Il problema però è quando diamo per vera una convinzione che non lo è: da quel momento, diventando vera per noi, diventa come una verità universale.
Le nostre credenze limitanti fanno proprio questo, creano delle certezze a cui ci aggrappiamo senza renderci conto che non rappresentano uno specchio della realtà.
Una volta che una credenza entra a far parte di noi, saremo consciamente e inconsciamente alla ricerca costante della sua conferma.
Confermare le nostre credenze ci fa sentire bene. E’ il piacere impagabile di avere ragione. Trovare conferma nei fatti a qualcosa di cui ci siamo convinti ci permette di dire con grande soddisfazione “Avevo ragione” oppure “Lo sapevo”.
Purtroppo anche quando si tratta di un aspetto negativo che tocca la nostra vita!
Una credenza limitante come “non sono portato per la tecnologia” produrrà uno strano piacere di fronte all’ennesimo episodio di fallimento, ci permetterà di dire “Hai visto?!? Lo sapevo che non fanno per me queste cose!”
Quindi, pur avendo confermato un nostro limite, una parte di noi sarà “felice” di avere ragione. Assurdo ma vero.
Cambiare convinzioni implica il fatto di accettare un nuovo punto di vista rinnegando il proprio e questo mette in discussione i nostri schemi mentali e, in alcuni casi, addirittura la nostra persona. Non ci fa sentire bene e crea incertezze.
Ed essendo noi tutti alla ricerca di sicurezze, evitiamo e respingiamo naturalmente ogni fonte di incertezza. Ecco perché è così difficile liberarci da credenze errate.
E’ una bella patata bollente questa delle credenze. Fortunatamente, per quanto insidiose, c’è il modo di affrontarle e sradicarle.
Ma se vogliamo davvero cambiare le nostre convinzioni, la soluzione non è certo contrapporre una verità a un’altra, del tipo “io ho ragione e tu hai torto”. Ricorda che cambiare punto di vista, il nostro o quello di un’altra persona, non è uno scontro di verità.
Ogni credenza trova la sua solidità in alcuni riferimenti che possono arrivare da 3 fonti:
– esperienze personali (mi è già successo)
– fonti esterne (lo dicono tutti, lo hanno detto in TV)
E per i più bravi tra noi…
– pura immaginazione (li creiamo nella nostra mente).
Pensiamo alla credenza di prima: “non so portato per…”
Analizziamola e cerchiamo di vedere quali siano i riferimenti che la rendono reale ai nostri occhi.
Dietro all’affermazione “Io non sono fatto per queste cose, non sono portato per la tecnologia” potremmo scoprire quali riferimenti la sostengano e le loro fonti. Un episodio personale (magari un singolo episodio che ci ha visti in difficoltà), una convinzione diffusa (tipo “la tecnologia non è alla portata di tutti”) o pura immaginazione (mi faccio un sacco di “seghe mentali” creando nella mia mente quel che non esiste). O la somma di tutti questi.
Ma i nostri riferimenti non hanno nulla a che fare con la realtà!… Siamo noi a dare loro un significato e a renderli “veri”… E da lì parte tutto questo gioco.
Per ora mi fermo qua, oggi volevo introdurre questo argomento che considero così importante nella costruzione di una vita più felice.
Ma ne parleremo ancora. Perché come ho detto all’inizio, se è vero che spesso le credenze giocano contro di noi, è anche vero che possiamo imparare come farle giocare nella nostra squadra.
Nei giorni scorsi hai potuto vedere un po’ di contenuti tratti dalla Leadership University.
Volevo che “toccassi con mano” come funziona, come è fatta, vedessi alcuni contenuti, provassi un esercizio e ascoltassi un estratto dal webinar che tengo ogni mese con gli iscritti per risponere dal vivo alle loro domande.
Ma come è organizzata nei dettagli la Leadership University?
Quali sono gli argomenti, come sono organizzati, come puoi accedere, quanto dura, quanto costa?
Sono tutte buonissime domande a cui rispondo in un video che ho preparato apposta.
Clicca sul link qui sotto:
Tutto quello che vuoi sapere sulla Leadership University (video)
Guardalo e poi scrivi il tuo commento che apprezzo sempre molto.
Se non hai ancora letto tutti gli articoli che ho scritto sulla Leadership University, ecco i link
Perché amo la Leadership University
Leadership University: ecco i contenuti gratuiti!
Ti ricordo che le iscrizioni alla Leadership University aprono domani, martedì 22 novembre, alle 17.
Come promesso ecco i contenuti gratuiti per te direttamente dalla Leadership University!
In questo modo puoi concretamente provare e “toccare con mano” come funziona questo programma di coaching, che, ti ricordo, dura 12 mesi in cui lavoriamo insieme per sviluppare la tua leadership personale.
I contenuti gratuiti a cui puoi accedere da questo articolo sono tratti direttamente da Leadership University. Quindi non sono “una versione light” dei contenuti, ma proprio una (piccola) selezione di ciò che avrai a disposizione iscrivendoti.
E nei 12 mesi di Leadership University riceverai veramente tanto, tanto materiale per scegliere il tuo modo di imparare (leggendo, ascoltando audio o con i video… o con la combinazione che funziona meglio per te).
Ecco i contenuti gratuiti tratti da Leadership University a cui puoi accedere subito cliccando sui link qui sotto:
Esercizio di coaching: ebook + audio
Questo è un esercizio di coaching molto importante che ti propongo di fare insieme (vedrai come): la valutazione delle tue 7 aree della leadership e la definizione dei tuoi obiettivi.
Scarica subito il tuo training omaggio (ebook + audio) cliccando sui link qui sotto
Manuale con le “7 aree della Leadership Personale” + “definizione obiettivi” (ebook)
Video
Il secondo contenuto gratuito tratto da Leadership University è un estratto da uno dei tantissimi video che trovi nel programma. Ho infatti inserito molti dei video che ho prodotto in questi anni sia come trasmissioni televisive che come DVD (in vendita tutt’ora).
Ma nella Leadership University li puoi vedere direttamente online e inseriti nel contesto di coaching ideale.
Guarda subito questo video training cliccando sui link qui sotto
Le 3 forze che governano gli stati d’animo
Webinar (registrazione)
Il training gratuito che ti propongo oggi e’ secondo me l’elemento che fa la differenza tra la Leadership University e un semplice programma di formazione online.
Infatti ti faccio sentire la registrazione (un breve estratto, 20 minuti) di una sessione del webinar mensile che e’ parte integrante e determinante del coaching che fai con me nella Leadership University.
Cosa e’ il webinar mensile? E’ un incontro in diretta con me che rispondo alle domande degli iscritti al programma di coaching.
In questa registrazione sentirai alcune domande e alcune risposte che ho dato a un recente webinar mensile.
Scarica subito e ascolta la registrazione del webinar cliccando sul link qui sotto
Leadership University – Webinar mensile
Se non l’hai letto, ti ricordo l’articolo che ho scritto qualche giorno fa e che spiega come e perché è nata Leadership University:
Ecco perché amo la Leadership University!
IMPORTANTE!
Ti confermo che le iscrizioni alla Leadership University si apriranno Martedi’ 22 NOVEMBRE alle 17.
Quindi: guarda, ascolta e fai gli esercizi di Leadership University a cui accedi da questo articolo. Prenditi almeno 1 ora di tempo e valuta di persona come funziona questo programma di coaching.
Poi, scrivimi qui il tuo commento: ci tengo ad avere il tuo feedback!