“La Paura bussò alla porta, il Coraggio andò ad aprire…e non c’era più nessuno” (Goethe)

Live da una speciale giornata outdoor!

Due giorni veramente intensi… trascorsi fra persone Straordinarie..!!

In val d’Aosta, tra torrenti e gole da attraversare: non perderti questo video!

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Ci sono un sacco di libri che danno consigli su come raggiungere i risultati. Qualche esempio? Perdere peso, smettere di fumare, coltivare una relazione. Spesso, tra le pagine, si trova un concetto che può essere espresso in: “È facile se sai come farlo!”. Ma nella realtà non è facile per niente.

Ti è mai capitato di ottenere un risultato stando comodo sul tuo divano?

Ovviamente no!

Per raggiungere gli obiettivi, o per uscire da dinamiche che non ci fanno stare bene, dobbiamo agire.

È anche vero che a volte agiamo seguendo i consigli degli esperti o dei nostri amici che hanno ottenuto ciò che volevano, ma poi questi risultati non arrivano e nemmeno durano. Perché?

 

Raggiungere e mantenere i risultati

Raggiungere e mantenere un risultato è un affare complicato.

Ci sono persone che si mettono a dieta, perdono molti chili e poi li riprendono con gli interressi.

Alcuni smettono di fumare per anni e poi, magari in occasione di una fase di stress, riprendono il vizio e rincarano la dose per recuperare.

Oppure c’è chi, dopo una fase di crescita professionale, ha un crollo e non riesce più a raggiungere il livello precedente.

Dall’altra parte invece c’è chi cambia abitudini alimentari e non riprende neppure un etto, chi abbandona definitivamente le sigarette, chi trova il modo di rialzarsi anche dopo le sconfitte replicando i successi.

Da cosa dipendono queste differenze? Ti propongo un esercizio!

Come raggiungere i risultati e farli durare

Pensa a un risultato che vuoi raggiungere.

Sintetizzando, se finora hai avuto risultati estemporanei, le motivazioni possono rientrare in due tipologie:

  1. Una più comportamentale, tangibile, pratica
    Non ti sei “allenato/a abbastanza”. Su molti libri di crescita personale trovi scritto che il “ciclo dell’abitudine” è di 21 giorni. Cosa significa? Che se vuoi cambiare un comportamento e raggiungere un risultato, per almeno 3 settimane dovrai mettere in campo azioni nuove che ti avvicinino a quel risultato.

    “La disciplina è il ponte tra l’obiettivo e il risultato”, dice Jim Rohn.

    All’inizio sarà impegnativo, poi diventerà appunto un abitudine. Così, se vuoi perdere peso, per almeno 21 giorni dovrai mandare alla tua mente “un messaggio nuovo” e dire no a cibi che prima avresti mangiato senza problemi e all’inizio sarà tosta. La tentazione a un certo punto potrà farti pensare di mollare perché troppo faticoso. Quella è una fase importantissima! O molli o vai avanti. Se molli torni indietro e, vivendo una frustrazione, dirai a te stesso che non ne vale la pena, che in fondo “il cibo è uno dei piacere della vita” e altre storie che a volte ci raccontiamo facendo finta di crederci.

    Se invece vai avanti, potrai condizionare questo nuovo comportamento. Ovviamente perderai peso e ti sentirai meglio.

    Potresti pensare: “La scoperta dell’acqua calda!”

    Domanda: se sai cosa dovresti fare, perché non lo fai? Oppure perché getti la spugna? Qui entrano in gioco dinamiche profonde che si chiamano credenze e arriviamo a parlare della nostra Identità. Arriviamo così al secondo punto.

  2. Una motivazione più profonda e spesso inconscia
    Se non riesci a consolidare e mantenere un risultato probabilmente non hai modificato la tua identità, ovvero l’idea che hai di te stesso/a. Questa in genere è la causa più diffusa di un risultato estemporaneo.
    Definiamo l’identità come una super credenza. Una credenza è uno stato di totale e assoluta certezza su qualcosa o qualcuno. Abbiamo credenze su tutto, ma quelle più potenti sono proprio quelle su noi stessi.

    Anthony Robbins dice: “Non c’è forza più grande nella psicologia umana del bisogno che abbiamo di rimanere coerenti con la nostra identità”.

    Se non abbiamo gli strumenti adatti per comprendere e cambiare le dinamiche legate alla nostra identità tenderemo a ripetere gli stessi meccanismi all’infinito.

 Raggiungere risultati senza mollare

Un caso reale di chi è riuscito a cambiare e raggiungere i risultati

Ti voglio raccontare un caso reale di una persona che è riuscita a cambiare raggiungendo i risultati.
Luigi è un imprenditore che ogni giorno si impegna per far crescere la propria azienda e per migliorare il tenore di vita della propria famiglia. Luigi è sposato e ha un figlio. Gli accade questo: ogni volta che sta per raggiungere un obiettivo particolarmente importante, si creano le condizioni perché non lo raggiunga proprio o perché svanisca rapidamente.

A un certo punto del suo percorso FLY si rende conto, con sua immensa sorpresa, di avere delle credenze negative sul successo! Può sembrare strano, ma spesso è così.

Luigi cade in un tranello elementare: si concentra sul lavoro credendo che questo si trasformi in qualità della vita familiare. Più affari, più soldi, vita migliore!

Questo atteggiamento – generando un senso di colpa causato dall’essere lontano dai suoi cari – a sua volta crea inconsciamente un conflitto, cioè una “zavorra interiore” che lo porta ad allontanarsi proprio da quel risultato che razionalmente vorrebbe!

La buona notizia è che ci sono metodi pratici per scardinare queste credenze depotenzianti.

Sei consapevole di avere forze interne che inconsciamente ti stanno limitando? Vuoi capire come eliminarle per raggiungere risultati duraturi? Contatta una delle sedi della Roberto Re Leadership School sparse in tutta Italia!

Ti regaleremo una personal coaching con uno dei nostri esperti.

Per la Sicilia puoi far riferimento a me: visita la nostra pagina Facebook e guarda il video dei corsisti.

AD MAIORA!

Daniela Ferrante

La crescita personale è un percorso in salita

Se il tuo obiettivo è la crescita personale, sappi che è un percorso in salita! Niente scorciatoie, niente taxi che ti portano a destinazione in quattro e quattr’otto. Si tratta di un cammino faticoso, insidioso e lungo. Per avere successo nella vita ci vuole sacrificio. Ma quando salirai in vetta non potrai che guardarti indietro e sorridere di soddisfazione. E non sarebbe altrettanto se non avessi compiuto quei passi che ti hanno condotto fin lì. Perché scalare la cima significa mettersi in gioco. Anzi: sfidarsi. E combattere contro se stessi è parecchio difficile.

A ognuno il suo percorso di crescita personale

Non c’è da scoraggiarsi: ci sono diversi percorsi di crescita personale. Ognuno può affrontarli in base alle proprie attitudini, inclinazioni e ambizioni. Certo, una dose di sacrificio è sempre necessaria. Però si può scegliere quale sentiero seguire: se quello irto e lungo che sale sino al cucuzzolo, oppure quello meno impegnativo che conduce al rifugio. Spesso la strategia migliore è procedere per gradi. Imparare a comprendere i propri limiti allenandosi a superarli. Un percorso di crescita personale non deve puntare necessariamente a raggiungere il massimo subito. Si rischierebbe di bruciare le tappe.

Se non hai mai affrontato la montagna, sarebbe da incoscienti voler scalare una cima. Prima occorre prendere confidenza con l’ambiente, fare pratica, acquisire le tecniche, imparare a conoscersi. Così anche nel processo di realizzazione. Insomma: per diventare dei grandi occorre pazienza e tenacia. Andare per gradi, fare un passo alla volta ma costantemente. E prima di quello che ti aspetti, il traguardo è raggiunto. Durante il processo di cambiamento – come dice Anthony Robbins, il più noto formatore al mondo – non dobbiamo azzerarci per poi ricostruirci. Ma possiamo partire da dove siamo per espanderci, evolverci, progredire.

Le tappe nel percorso di crescita personale

Come ogni buon percorso, anche la crescita personale segue dei passi necessari:

  1. Partenza: è il momento in cui si decide di mettersi in gioco e partire verso un “io migliore”. Quel traguardo è una meta che dobbiamo identificare sin da subito, chiedendoci quale versione di noi stessi sarà quella che desidereremo ottenere una volta arrivati. Il riconoscimento degli obiettivi ha bisogno di pianificazione. Un metodo può essere quello che Roberto Re spiega in maniera molto chiara nel suo libro “Leader di te stesso“.
  2. Tragitto: quando il percorso di crescita personale inizia, abbiamo chiara la meta ma non sappiamo cosa ci aspetta durante. In questa fase è importante acquisire due strumenti fondamentali: l’ascolto e l’amor proprio. L’ascolto ci fa comprendere come funzioniamo, i nostri limiti e i talenti che ci appartengono, permettendoci di modulare le risorse per realizzare gli obiettivi. L’amor proprio, invece, fa sì di intraprendere il cammino con uno spirito positivo e rivolto al bene piuttosto che alla negatività.
  3. Sfide: Ogni cammino ha le sue sfide. Un pezzo più faticoso degli altri, vesciche sotto piedi, vento e pioggia… Non sarà facile perché pur con tutto l’entusiasmo del mondo, a un certo punto ti troverai ad affrontare delle avversità e sarai costretto a superarle per raggiungere la meta. Ma sarà proprio “il metterti alla prova” la vera leva per l’autoconsapevolezza e il miglioramento. Il comfort ci fa rimanere seduti, fermi. Le difficoltà segnano le tappe che ci separano dalla meta, quindi quando ce le troviamo davanti significa che stiamo procedendo. Vai avanti senza temere le avversità. Per farsi trovare pronti, leggi i consigli di Cristina Leone sul potere dell’aiuto.
  4. Traguardo: Una volta raggiunto il traguardo ci si sente soddisfatti. Riuscire a realizzare un obiettivo ci fa diventare dei vincenti. Bisogna ammetterlo: una sensazione fantastica che vorrai riprovare presto. Ti dimenticherai subito della fatica e dei sacrifici e desidererai ardentemente ripartire. Per questo, una volta avviato, il percorso di crescita personale tende ad autoalimentarsi verso altri processi e altri traguardi. E anzi: non vedrai l’ora d’infilare tutti i passi che ti hanno condotto al successo.

L’importante è il percorso di crescita personale, non solo il traguardo

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Raggiungere la meta è fondamentale, ma non bisogna dimenticare la ricchezza del percorso di crescita personale. L’obiettivo ci consegna il motivo per cominciare a progredire, mentre il cammino ci dona tutte le esperienze del cambiamento. Non dobbiamo solo guardare dove siamo arrivati ma anche da dove siamo partiti e il sentiero intrapreso. E una scorciatoia magari è comoda, però ci fa perdere un panorama pazzesco, ci evita i particolari o le scoperte di una vera esplorazione. Ricorda: una volta arrivati in vetta si può scendere. Oppure sceglierne una più alta da raggiungere. E ripartire con un nuovo percorso di crescita personale. Per goderselo. Dall’inizio alla fine.

Se vuoi allenarti per raggiungere i tuoi traguardi e infilare i passi del successo nella vita, ti consiglio di dare un occhio al Programma FLY e al sito del Centro di Torino e Genova.

Da qui puoi iniziare il tuo processo di miglioramento compiendo il percorso di crescita personale che sogni!

Terenzio Traisci – psicologo del lavoro, comico, ma soprattutto autore della “Ingegneria del Buonumore” per gestire lo stress attraverso la risata – ha conosciuto Roberto Re nel 2014.

Racconta Terenzio sulla sua pagina Facebook: “Dopo la partecipazione a Italia’s Got Talent su Canale 5, dopo il Teatro d’Impresa nelle aziende, lo Yoga della Risata e i tanti corsi che facevo in giro per l’Italia come formatore, ero un po’ in crisi, a livello personale, come direzione da prendere, autostima, capacità di farmi valere e apprezzare nel lavoro. Roberto mi invita a una serata-corso dal titolo Il Ponte della Comunicazione che faceva dalle mie parti, a Rimini. Partecipo alla serata e rimango… estasiato, illuminato. Al punto da seguirla di nuovo anche a Bologna! Ho preso molti appunti e devo dire che tutt’oggi applico e insegno in aula quei concetti e quelle strategie”.

A distanza di circa quattro anni, ritornano in giro per l’Italia i seminari di Roberto su Il Ponte della Comunicazione. Obiettivo delle serate, imparare a creare una comunicazione di qualità nella propria squadra (famiglia, team di lavoro, coppia…), per appianare le divergenze con facilità e focalizzarsi insieme sui risultati.

Quando la comunicazione può dirsi davvero efficace? Quando raggiunge l’obiettivo. Il punto è che le persone, mentre comunicano, spesso non hanno ben chiaro l’obiettivo, o talvolta lo perdono di vista. Di recente, nella veste di giornalista, mi è capitato di assistere a una sorta di tavola rotonda alla presenza di circa un centinaio di persone. Si trattava di un evento organizzato da un’associazione di categoria, dove le varie società presenti sul palco avevano uno spazio per raccontare chi sono e cosa fanno. I minuti quindi a disposizione di ogni speaker non erano molti.

Ma il manager che inizia a parlare, non rendendosi conto dello scorrere delle lancette, perde almeno due terzi del tempo ad annoiarci con i dettagli della sua storia personale, abbozzando appena quella della società di appartenenza. Nessun accenno a servizi e prodotti, né tantomeno a vantaggi e benefici per la platea che sta ascoltando in religioso silenzio. Nel finale inizia ad andare in panico, (stra)parla velocemente e di fatto “si incarta” di fronte al pubblico che rumoreggia.

Risultato? La gente si è portata a casa l’impressione di aver regalato il proprio tempo a una persona molto piena di sé e con parecchie difficoltà a parlare in pubblico. Voto? Purtroppo insufficiente per mancanza di strategia e di allenamento alla comunicazione efficace!

Ci sarebbero decine di esempi, anche tratti da questa campagna elettorale, nella quale si sentono (o si leggono) discorsi politici da far rizzare i capelli ai calvi. Ma l’errore di base è la credenza secondo la quale un grande comunicatore sia un tipo dalla parlantina facile. Peccato invece che non sia affatto così. Aggiunge Terenzio Traisci: “Consiglio la presenza a questo mini-seminario per capire meglio cosa ci sia dietro a tanti malumori e incomprensioni che nascono sul lavoro o in famiglia. Per me, da quell’esperienza con “Il Ponte della Comunicazione”, è iniziato un percorso di riallineamento, crescita e miglioramento che ancora porta i suoi frutti a distanza di anni”.

Nelle cinque ore di corso, Roberto ti spiegherà che comunicare è qualcosa di più che parlare. Che esistono delle abilità e delle tecniche necessarie per imparare a farlo in maniera efficace. E per capire quale dovrà essere l’atteggiamento giusto per affrontare qualsiasi interlocutore, anche quello più… incazzoso e ostico!

Andando a questa pagina puoi scoprire il menù della serata, i tre bonus compresi nel tagliando d’ingresso, le date e le città dove poter frequentare il seminario (si parte il 27 febbraio da Roma).

Ecco intanto per te un breve video da vedere subito, nel quale Roberto ci spiega perché Il Ponte della Comunicazione è un’opportunità unica per apprendere dal vivo i segreti di un vero “Master Communicator”!

Alessandro Dattilo

Quando sentiamo parlare di Robert Dilts, oltre all’importanza dei suoi lavori relativi alla programmazione neuro linguistica, viene immediato il collegamento con “I livelli di pensiero”, il libro da lui scritto nel 1990 per spiegare l’omonima teoria dei 6 livelli. Risfogliandolo, ho trovato un episodio dove, a proposito del ruolo delle convinzioni, Dilts – uno dei più autorevoli “Business Coach” al mondo – racconta di una conversazione avuta con un operatore di PNL, impegnato a fare ricerche sui programmi di perdita di peso (business che negli Stati Uniti muove circa un miliardo di dollari l’anno).

“Alcuni sono addirittura l’opposto dell’altro” diceva questo ricercatore. “C’è chi dice che si può mangiare di tutto, a patto che si faccia esercizio fisico. Altri che sminuiscono l’importanza del fare attività fisica, riconducendo tutto all’alimentazione. Un caos! Chi parla di integratori, chi di tipologie di cibo da evitare assolutamente…”.

La cosa stupefacente, commentava Dilts, è che tutti funzionano per qualcuno, tutti i programmi hanno effetto almeno su qualcuno. Il ricercatore, chiedendo infine a quelle persone “Cos’è successo? Come ha funzionato?”, aveva scoperto che esistevano un paio di caratteristiche comuni a questi individui, indipendentemente dal programma dietetico utilizzato.

La prima era che la dieta scelta era accompagnata da qualche altro CAMBIAMENTO FONDAMENTALE NELLA LORO VITA (nelle relazioni, sul lavoro, nell’ambiente, ecc). La seconda caratteristica che tutti riferivano era una reazione del tipo: “Questa volta ERO DAVVERO PRONTO A CAMBIARE”. Erano cioè pronti a perdere peso, una attitudine fondamentale per rendere solida una nuova credenza.

 

Leadership Consapevole

A questo punto, molti lettori di questo blog si chiederanno: “Come si diventa pronti a cambiare?”. Come ci si predispone a un cambiamento desiderato o necessario?

Chi fra voi è imprenditore o manager, e si trova nel quotidiano a dover guidare gruppi più o meno numerosi di persone, sarà di certo molto attento al tema della leadership e alle tematiche portate avanti da anni da Robert Dilts, precursore della PNL classica e protagonista della sua evoluzione.

Secondo quest’ultimo, l’idea di leadership è associata al concetto di “andare”, dirigersi con altri verso qualcosa, verso una qualche visione, una possibilità che aiuti a migliorare la nostra vita e quella degli altri. Ogni forma di leadership – spiega Dilts – è accomunata da quattro caratteristiche:

  1. Per prima, la capacità di essere in grado di ESPRIMERE UNA VISIONE, perché senza una visione non si va da nessuna parte. Non necessariamente un’immagine: può essere una direzione, una sensazione, o una visione espressa in modo verbale.
  2. La seconda è che i leader devono essere capace di INFLUENZARE e MOTIVARE le persone intorno a loro, saper prendere una posizione, essere chiari, responsabilizzare e ispirare gli altri, tirar fuori da loro la passione. In sostanza, influenzare i collaboratori verso il risultato, verso la visione.
  3. La terza caratteristica di un leader efficace è l’abilità di INCORAGGIARE IL LAVORO DI SQUADRA, di essere capaci a far lavorare assieme le persone. Dilts ripete spesso l’esperienza di un’azienda da lui conosciuta, che nonostante avesse dedicato mille persone a lavorare su un certo progetto, fu battuta da un’azienda concorrente che mise a punto un prodotto migliore, di qualità superiore e meno costoso. Ottenendo, pensate, questo risultato con un team di sole venti persone! Venti persone possono fare meglio di mille grazie alla loro capacità di fare lavoro di squadra.
  4. La quarta caratteristica, la più importante, è quella di ESSERE UN ESEMPIO, leader di se stessi. Guidare con esempio significa esprimere sicurezza, comunicare non solo attraverso le parole, ma con le azioni, il linguaggio del corpo. In una parola, con il CARISMA. Qualità che i leader portano dentro e che – insieme alla comunicazione efficace e alla capacità di comprendere le persone e la loro motivazione – consente di incoraggiare il lavoro di squadra, influenzando gli altri.

 

Leadership necessaria

Di leadership oggi c’è bisogno perché il mondo del lavoro sta cambiando a velocità incredibile: occorre creare qualcosa di nuovo per il futuro. Il leader percorre strade che nessuno ha mai battuto, cerca di uscire dalle crisi con soluzioni nuove, direzioni diverse che danno speranza e opportunità in un periodo di incertezze.

Il cambiamento fa parte della nostra esperienza di vita quotidiana, come il sole che nasce e muore ogni giorno o le cellule che si rinnovano. Ma il cambiamento spesso fa paura, ci provoca sensazioni sgradevoli: questo dipende dal significato che attribuiamo al concetto di cambiamento, convinti che per cambiare occorra necessariamente “ripartire da zero”, “fare tabula rasa” e via dicendo.

Eppure vincere la sfida del cambiamento – nel lavoro, nelle relazioni, nella vita – è un traguardo alla nostra portata. Roberto Re ha scritto sull’argomento numerosi libri, aiuta in qualità di trainer e mental coach migliaia di persone ogni anno a trasformare la paura in azione, facendo evolvere il cambiamento in crescita e progresso.

A fine febbraio 2018, a Milano, i due Robert (Dilts e Re) saranno in aula insieme per un’intera giornata di corso. Parleranno di “Leadership Consapevole” come chiave di successo per imprenditori e professionisti di prossima generazione! Qui puoi trovare le informazioni necessarie a saperne di più.

Perché come ha scritto LAO TZU, antico filosofo e scrittore cinese:

“Un albero il cui tronco si può a malapena abbracciare nasce da un minuscolo germoglio. Una torre alta nove piani incomincia con un mucchietto di terra. Un viaggio di mille miglia ha inizio sotto la pianta dei tuoi piedi”.

Alessandro Dattilo

“Ho imparato più cose in una giornata come questa che in 10 anni di lavoro. Formatori di qualità e storie di imprenditori di successo. Evento straordinario!” Così Marcello Selleri, imprenditore romagnolo, ha commentato su Facebook la giornata milanese del Business Leaders Day, evento condotto da Roberto Re e dedicato a tutti coloro che vogliono gestire meglio se stessi, la propria azienda e il proprio team.

“Esistono centinaia di piccoli problemi – ha spiegato Roberto, prima di introdurre gli altri speaker invitati – che ogni giorno come imprenditori ci troviamo ad affrontare: dobbiamo gestire un team e dei collaboratori, occuparci dell’amministrazione, saper comunicare con i clienti, mettere in atto nuove strategie per crescere e soprattutto dobbiamo adattarci al cambiamento…”.

Il workshop, in doppia replica a Milano e Padova con circa un migliaio di partecipanti complessivi, è partito da una semplice constatazione: dedicare 16 ore al giorno al proprio lavoro e non avere tempo per se stessi e i propri cari, NON significa avere successo! Come fare dunque per migliorare noi stessi e il nostro business? Come aiutare imprenditori e professionisti ad adattare i propri schemi mentali ai cambiamenti?

Leggendo alcune parti di un recente rapporto del World Economic Forum (WEF) dal titolo «The Future of Jobs» – relative alle competenze da possedere per affrontare la quarta rivoluzione industriale – abbiamo scoperto molte affinità con il lavoro di formazione che da anni Roberto Re porta avanti con il suo Gruppo HRD. Dando per scontate quelle tecniche, sono altri i tipi di Skills che fanno davvero la differenza. Ecco quelle individuate dal WEF, che ha fornito una classifica delle 10 competenze ritenute “vincenti” nel 2020 in chiave business.

1 – Soluzione di problemi complessi
2 – Pensiero Critico
3 – Creatività
4 – Gestione delle persone
5 – Capacità di coordinarsi con gli altri
6 – Intelligenza emotiva
7 – Capacità di giudizio e di prendere decisioni
8 – Orientamento al servizio
9 – Negoziazione
10 – Flessibilità cognitiva

I 5 fantastici ospiti del BLD

Inquadrato lo scenario e i cambiamenti in corso, è stata la volta dei cinque speaker invitati alla giornata di formazione. Persone di grande esperienza nei rispettivi settori, a partire da Matteo Maserati, trainer e coach esperto in comunicazione e public speaking. “Ciò che non viene comunicato, non esiste!” ha spiegato Maserati, che ha battuto il tasto sulla scarsa capacità che imprenditori e professionisti hanno nel descrivere in modo semplice e sintetico la propria attività e i relativi punti di forza. “Spesso comunichiamo senza trasferire valore. Parliamo di noi stessi in modo inefficace, pensando a ciò che ci interessa. Ma così ignoriamo il punto di vista di chi ascolta”.

Collegato a questi temi, l’intervento di Gianluca Lo Stimolo, fondatore e CEO di Stand Out, che ha spiegato al pubblico come trasformare se stessi in un brand, per essere riconosciuti e scelti dal proprio pubblico. “Oggi le persone – ha detto Lo Stimolo – non cercano solo un prodotto o un servizio che permetta loro di soddisfare un bisogno specifico. Non vogliono semplicemente uno smartphone qualsiasi, un paio di jeans qualsiasi… Vogliono l’Iphone, un paio di Diesel… Così come non si cerca più semplicemente un avvocato, un commercialista, un architetto qualsiasi. Si cerca quello più esperto o specializzato in una determinata materia, quello con la migliore reputazione. Le persone cercano qualcuno di cui si possono fidare e a cui si possono affezionare”.

Quando Mirco Gasparotto è salito sul palco del Business Leaders Day, le persone hanno capito quanto sia importante saper scrivere la regia della propria vita. “Proprio così – ha spiegato Gasparotto, con oltre 30 anni di esperienza sul campo che lo hanno portato a vivere e superare ostacoli imprevisti e raggiungere successi straordinari – Io stesso da giovane ho redatto un copione con le aree dove volevo vivere: tutto questo mi ha permesso di mantenere un equilibrio nei diversi ruoli della mia sfera professionale, privata, fisica e spirituale”. Mirco ha affascinato la platea con la sua storia personale, che gli ha permesso di diventare amministratore delegato di un’azienda a soli 25 anni di età. “È sempre possibile cambiare la direzione della vostra vita – ha concluso – si può cominciare da oggi stesso!”.

Gianluca Massini – l’escapologo fiscale che ha sviluppato un sistema che consente a centinaia di imprenditori in tutta Italia, ogni anno, di ottimizzare il carico fiscale – ha stimolato la platea a “marcare da vicino” il proprio commercialista per alleggerire la pressione fiscale e discutere insieme il proprio conto economico previsionale. Massini, autore del libro “Pagare meno tasse si può”, ha parlato dell’importanza di sviluppare la propria educazione fiscale per restare imprenditori di successo, pur rimanendo a fare business in Italia.

Nella parte finale del workshop, Roberto Re ha intervistato Stefano Versace, fondatore dell’omonima catena di gelaterie italiane negli Stati Uniti. “Desiderare qualcosa è come avere un potere magico! – ha detto Versace, che ha raccontato la sua storia imprenditoriale ricca di spunti e motivazione. “Ho aperto la prima gelateria a Miami con gli ultimi dollari che avevo in tasca. In pochi anni ho replicato il modello su grande scala, grazie a un sogno realizzato e a un progetto molto capillare”.

Da Manager a Leader

Una giornata quindi intensa e proficua sotto svariati punti di vista. Con storie concrete e di forte spinta emotiva, grazie anche a domande e risposte condivise con il pubblico, molto attento a prendere appunti e ad approfondire con casi personali. Il seguito naturale di questo workshop è il rinnovato programma di formazione – presentato nei dettagli da Roberto Re – denominato “Da Manager a Leader”.

“Il manager gestisce, il leader guida. Il manager regolamenta, il leader trascina. Il manager è ragione e metodo, il leader cuore e passione – ha concluso Re – Due ruoli difficili da conciliare in un’unica personalità. Due ruoli che BISOGNA far convivere nella stessa persona. Per questo non posso che consigliarvi di cuore l’iscrizione alla prima scuola di leadership dedicata esclusivamente a manager, professionisti e imprenditori, un percorso articolato in 10 incontri tematici per sviluppare tutte le abilità necessarie al giorno d’oggi per essere un vero leader”.

Il Business Leaders Day ha avuto un grande merito, al di là dell’incredibile valore generato da tutti gli interventi: è stato un vero e proprio calcio d’inizio per cominciare a trasformare la paura in azione! Perché imparare a convivere con l’incertezza aiuta ad accogliere il cambiamento. Senza più subirlo, ma iniziando a cavalcarlo.

Alessandro Dattilo

Lavoro da 7 anni nel mondo della crescita personale, i miei clienti sono mediamente imprenditori e professionisti che vogliono più risultati in quello che fanno. Solitamente però lo scetticismo regna sovrano rispetto a quello che io e i miei colleghi facciamo.

Qualcuno ha avuto esperienze di network, dove una parte della formazione canonica viene usata per vendere questo o quell’altro prodotto e magari anche nel giusto modo. Niente di male ma non è quello che io faccio. Qualcun altro ci associa a forme strane di club o peggio ancora collega la nostra figura a Scientology o sette varie ed eventuali, niente di più sbagliato e lontano da quello che facciamo. E poi ci sono quelli che giustamente ci/mi chiamano Coach.

L’appellativo è corretto, se per Coach si intende colui che ti guida verso un risultato. Ma io non credo nella figura del Coach!

Si lo so, suona strano, perché potresti pensare “Ma come, è il tuo ruolo e non ci credi? È un contraddizione in termini!!”. La verità però è che io non credo nella figura del Coach per come viene spesso intesa ed interpretata, ecco perché:

 

1 – Nessuno può fare qualcosa al posto tuo.

Talvolta ci si rivolge al Coach perché faccia per me qualcosa che io non so fare, o che ho deciso di delegare a un professionista. Magari per gestire meglio il mio Team o la mia azienda o essere più performante. Allora mi affido a qualcuno che ritengo competente o che mi convince abilmente di esserlo, perché mi aiuti a decidere, motivi il mio Team o mi aiuti a guidare me stesso, insomma, mi alleggerisca il carico di cose da fare, una spalla sulla quale poggiarmi. La verità però è che: non puoi sottrarti ai tuoi doveri, non puoi cercare scorciatoie, alcune cose DEVI farle e non c’è via di scampo. È oggettivamente bello, piacevole e in effetti dà un grande sollievo affidarsi a persone esperte che possano, forse in alcuni contesti, decidere per te ma… non assumersi la responsabilità delle proprie scelte è quanto di più lontano possa esserci dalla crescita personale e professionale.

Alcune decisioni sono impegnative e a volte chiedere “aiuto” è la via più semplice e forse anche utile. C’è però una grande differenza tra chiedere aiuto e riporre nelle mani di qualcun altro i propri risultati. Qualcuno a volte mi chiede un coach per motivare il suo team. Bene, ma poi, quando il coach sarà andato via, se non impari tu a gestire il tuo Team, se non impara il team stesso a creare i presupposti per funzionare in autonomia, come pensi di cavartela?

“Beh sì ma io delego, a ognuno il suo lavoro, non faccio mica il motivatore io!! Chiamo qualcuno del mestiere e lo faccio fare a lui!!” Ok, ok, a ognuno il suo, giusto. Solo che devi decidere se affidarti alle mani di un esperto per tappare momentaneamente un buco (sappi però che tra qualche mese saremo punto e a capo e dovrai chiamarlo ancora) oppure chiedere a dei professionisti di spiegarti come guidare efficacemente un team una volta per tutte.

 

2 – Se non hai le abilità, le competenze necessarie o la voglia di acquisirle, nessun Coach potrà fare molto per te.

Il Coach può essere il più bravo sulla faccia della terra, ma se ti mancano alcune competenze, alcune abilità, alcune conoscenze oggettive… essere motivato, saper guidare te stesso, comunicare efficacemente ecc. non basterà!

“Ma io ho le competenze, figurati! Faccio questo lavoro da un trilione di anni!”. Vero, non so però se ti sei accorto che il mondo è cambiato, il mercato è cambiato, il modo di lavorare è cambiato e i risultati non sono gli stessi di sempre a parità di impegno. Per cui, per quanto tu sia esperto nel tuo campo, o continui a studiare, a formarti senza sosta o…sei destinato a “morire” professionalmente… O in alternativa a raccogliere le briciole.

Chiaro che vale anche il contrario, se sei competente ma non sai come gestire alcune dinamiche, siamo al punto di partenza, ma… le tue competenze vengono prima di ogni cosa e quelle non le impari su un libro, e a volte neanche il campo pratico è sufficiente: si amico mio, bisogna studiare e studiare, formarsi e allenarsi e nessuno può farlo per te.

 

3 – Nessun Coach può dirti cosa devi fare e darti il giusto consiglio.

Diciamoci la verità: a volte gli impegni, le responsabilità, gli affanni della vita sono davvero troppi e l’idea di avere qualcuno che ci indichi la “giusta via”… è davvero un bel sollievo! Ma il lavoro è tuo, la vita è tua, le scelte spettano a te e no, non puoi delegare alcune cose, quelle che contano davvero spettano a te soltanto Anche perché l’esperienza acquisita nel tuo lavoro, nella tua azienda, le hai tu e non certo il tuo Coach per quanto meraviglioso possa essere. Solo che se non sai come gestire efficacemente alcune cose, te stesso in primis ad esempio (l’efficacia è determinata da un solo parametro: il risultato finale), devi conoscere cose nuove, allenare il più possibile le tue competenze, saperle guidare nella direzione che hai scelto con metodo e strategia.

 

4 – Non ti serve un Coach che ti dica cosa fare ma qualcuno che te lo faccia fare.

Conoscere le cose serve a poco se poi non le applichi. Conosco davvero tanta gente che in teoria conosce tutto. Magari ha fatto un sacco di corsi e conosce a menadito tutte le tecniche del mondo. Sa cosa bisognerebbe fare, ma… tra il dire e il fare, c’è di mezzo: il fare! Non hai bisogno di qualcuno che ti dica cosa fare ma di un processo che ti permetta di allenare comportamenti e strategie nuove.

Il processo va creato e solo quello ti permetterà di avere un sistema che funzioni e che ti porti i risultati che vuoi. Quindi no, non ti occorre il Coach che ti dica cosa fare perché lui tutto sa e tutto può (non è così, del tuo lavoro tu sai molto più di lui), ma un bravo allenatore che ti aiuti a creare quel processo, che ti guidi per vedere le cose dall’esterno e verificare se la TUA strategia è funzionale a ottenere quello che vuoi davvero.

 

5 – Non hai bisogno del Personal Coach e delle sedute individuali, “perché così lavoro meglio”.

Non so quanta gente spesso mi chieda: “Il percorso con tutti gli altri non mi interessa, possiamo fare solo incontri individuali?” L’ultima volta a chiedermelo è stato un importante imprenditore di fama nazionale, disposto a spendere qualunque cifra per avere il suo personale Coach. Certo io ci avrei guadagnato benone, ma lui no, perché per quanto io possa essere brava, né io né nessun altro al mondo può sottrarsi a cose che solo lui può gestire e DEVE imparare a fare. Per questo occorre un processo che gli insegni alcuni aspetti fondamentali, che glieli faccia allenare e che solo dopo, con l’aiuto di un esperto, possa calibrare al meglio su se stesso. “Sì ok, ma io non posso fare questo processo individualmente con il mio Coach?”. No, se vuoi davvero che il tuo percorso sia efficace. Il confronto con gli altri ci permette di far arrivare le cose in modo differente e molto più efficace nel tempo.

 

6 – Nella vita non conta quello che SAI ma quello che FAI con quello che sai.

Quanto applichi di tutto ciò che hai appreso, letto, conosciuto, sperimentato? Qualunque sia la risposta: Non è abbastanza! Puoi fare di più e non perché “se vuoi puoi” ma perché la tua mente ha bisogno di creare nuovi processi, nuove sinapsi, nuove abitudini comportamentali. Di gente che “le sa tutte” ce ne sono fin troppe, se vuoi essere tra quelli leggi più che puoi, confrontati e ascolta i consigli dei tuoi mentori.

Prima di diventare abile davvero occorre tanto allenamento pratico, allenamento di quelle nuove strategie che hai capito ma che… ancora non ti appartengono davvero e che per farle tue, devi ripetere finché una parte di te non le farà in automatico con totale naturalezza. Solo questo ti potrà condurre a risultati nuovi e migliori. Se vuoi risultati reali, cambiamenti duraturi… allora studia davvero, impara alcune cose e ALLENALE!! SOLO l’allenamento dopo l’apprendimento, crea RISULTATI nuovi e VERI.

 

In conclusione, non credo nei Coach per come spesso vengono considerati. Lui non può e non deve sostituirsi a te, alla tua mente, se accade c’è qualcosa che non sta funzionando. Credo piuttosto nei percorsi, nelle palestre dove impari qualcosa, lo alleni fino a farlo tuo. All’interno di questo, credo in quella figura che coadiuva il percorso, guardando dall’esterno la situazione, con le competenze e la professionalità giuste, ti aiuti a valutare altri aspetti e ti guidi a prendere le tue decisioni, a scegliere le tue strategie e ad agire con determinazione. È per questo che il programma che utilizziamo da 9 anni, in 19 città italiane, ha così tanto successo tra i nostri corsisti, perché tiene ben conto di questo principio.

Ricorda: il compito del Coach è solo di supporto, il resto, amico mio, è nelle tue mani. 🙂

Gabriella Rania

Per approfondire queste tematiche, e conoscere più da vicino i nostri prossimi appuntamenti, naviga il mio sito-blog personale! Troverai contenuti utili da scaricare, immagini degli eventi e molto altro…!!

Lavoro con imprenditori e professionisti da molto tempo ormai e ho vissuto con loro questi ultimi anni di grandi cambiamenti vedendo davvero di tutto.

Ho visto gente chiudere la propria attività, ho visto gente cambiare completamente settore, ho visto altri sopravvivere alla meno peggio e ho visto qualcuno fare un grande salto di qualità.

Mediamente però vedo un po’ di sconforto.

Il mondo del lavoro è diventato una giungla, dove sopravvivere è davvero difficile. La concorrenza è tanta, a volte è spietata, internet è un grande aiuto ma per molti è il grande problema.

Sempre più la gente compra online offrendo prezzi al limite della decenza, il rapporto umano si è ridotto, la gente ha meno soldi da spendere, lo stato non agevola di sicuro un libero professionista e men che meno un imprenditore.

Vedo persone che con grande impegno sperimentano strategie nuove, persone spesso anche molto competenti: tuttavia nonostante si facciano un… “gran mazzo”, i guadagni sono assolutamente NON all’altezza.

Qual è la situazione tipica? Persone brave e competenti che fanno tanto, troppo!

Sono i primi ad aprire al mattino e gli ultimi a chiudere la sera. Se stanno male, a lavoro ci vanno comunque perché “l’attività è mia e non posso stare a casa neanche se ho l’influenza!”. Non fanno vacanze da chissà quanto tempo perché “non è il momento di pensare alle vacanze”.

Mandano avanti le cose al proprio meglio e a fine mese pagano tutti: fornitori, dipendenti, servizi utilizzati e… se (e solo se) avanza qualcosa, pagano loro stessi, altrimenti “questo mese tiro la cinghia”.

Di fatto, non possono permettersi di “mollare” un po’ la presa senza che questo si ripercuota sull’attività.

E a te? È capitato qualcosa di simile? Oppure sei riuscito a evitare queste situazioni?

Il punto è che, qualunque sia la tua situazione a oggi, se vuoi davvero far decollare la tua attività, devi conoscere e mettere in pratica queste 3 Regole:

 

1 – ASSUMITI LA RESPONSABILITÀ

Certo c’è la crisi, e io non ti dirò che è un’opportunità, perché non è così. O meglio, forse lo è ma solo per qualcuno. La verità è che questo mercato in cambiamento rompe le scatole a tante situazioni. È vero, il mercato è uno schifo, lo Stato peggio che peggio, i politici di sicuro non pensano a te, e anche Dio sembra essersi dimenticato di un… povero tapino quale ti senti..!!

Ok e quindi?

Se vuoi aspettare che lo Stato e i politici facciano qualcosa per te, incrocia le dita…. Ma fossi in te, terrei una mano libera per parare i colpi. Puoi sempre aspettare che la crisi passi… Oppure pregare.

Assumersi la responsabilità non significa che sia colpa tua se le cose sono cambiate e quello che prima funzionava alla grande oggi non funziona più..!! Significa piuttosto porsi la domanda “COME IO posso cambiare questa situazione?” “COSA IO posso fare per ottenere il risultato che voglio?”

In entrambi i casi c’è una parolina ricorrente: “IO”.

Quindi non aspetto che accada qualcosa, non spreco la mia energia ad arrabbiarmi con “lo Stato che mi ostacola”, con i politici perché “è tutto un magna-magna” o con Dio che “non mi ama abbastanza”.

E sai perché? Perché non serve!!

Lagnarti non cambierà le cose. Anzi, se non la pianti subito di lagnarti e non fai qualcosa di efficace, fai la fine di tanti che in questo momento stanno chiudendo i battenti o in alternativa… raccolgono le briciole.

Se sei tra quelli che amano lagnarsi e basta, o amano le briciole perché nel profondo si sentono più simili a un passerotto… allora puoi anche interrompere qui la tua lettura. Risparmia tempo, non andare oltre.

Se invece non è così, allora ho ancora un paio di cose da dirti.

Ok. Hai deciso che vuoi assumertene la Responsabilità? Bene! Andiamo avanti.

 

2 – Impara a COMUNICARE in maniera EFFICACE

Che non significa impara a parlare correttamente l’italiano e usare bene i congiuntivi (ecco magari quello fallo a prescindere) ma impara a far sì che quello che dici arrivi esattamente come vuoi farlo arrivare. Impara a farti seguire dal tuo team, dai tuoi clienti e dal mercato intorno a te.

Sei già bravo? Benissimo. Ma la domanda non è quanto sei bravo. Ma quanto gli altri ti ascoltano e fanno poi quanto chiedi. E non provare a dirmi che se gli altri ti ascoltano o meno non dipende da te, altrimenti ti rimando al punto 1 🙂

L’efficacia la misuri con un unico parametro: il RISULTATO. Il risultato è sempre quello che vuoi? Se la risposta è SÌ, allora sai essere efficace. Se la risposta è NI… allora possiamo lavorarci… e forse dobbiamo farlo anche velocemente.

Acquisire abilità comunicative di alto livello è importante. Ci sono situazioni in cui è davvero difficile, perché magari si tratta di familiari, di persone importanti, e in certi casi perdiamo efficacia. Ecco perché devi imparare a essere particolarmente abile!

 

3 – RAGIONA in maniera DIFFERENTE!

Follia è fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi” (Albert Einstein).

Fino a poco tempo fa valeva il concetto per il quale “se fai le cose come le hai sempre fatte, ottieni i risultati di sempre”. Oggi non vale più neanche quello. Prova infatti a gestire la tua attività come la gestivi 20 anni fa… I risultati saranno gli stessi di 20 anni fa? Col Cavolo!!!!

Oggi sei costretto a inventartene una al giorno per cambiare le cose!!

Probabilmente saprai che la nostra mente fa naturale resistenza al cambiamento, lavora per abitudini e ripete meccanicamente automatismi acquisiti nel tempo. Lo fa per ottimizzare, per risparmiare tempo. Peccato che quelle stesse abitudini spesso diventino il vero limite nel momento in cui ti impediscono di stravolgere alcuni meccanismi che non funzionano più.

Lo so, lo so, a nessuno piace la parola “stravolgere” perché spaventa. Ma la verità è che se non hai il coraggio di stravolgere quantomeno il tuo modo di ragionare, non puoi sperare che le cose cambino davvero perché il mercato lì fuori non è cambiato: è stravolto..!!!!

Allora, che vogliamo fare? Crogiolarci con il “facciamo del nostro meglio”? È una possibilità.

Puoi anche dirti che “tutto sommato c’è chi sta peggio” e darti un buon motivo per non fare un bel niente. La responsabilità è tua… ma di questo abbiamo già parlato.

E se invece acquisissi strumento e metodo?
Se imparassi a gestire meglio le competenze che già possiedi?
Se imparassi a essere davvero più efficace in ciò che comunichi e quindi nel risultati che ottieni… questo dove ti porterebbe?

Non puoi continuare a investire su tutto tranne che su ciò che conta davvero: te stesso!

Ho a mia volta due attività e, vivendo su questo pianeta come tutti, so bene cosa significhi. Se posso vantare di avere tanto lavoro e tanta qualità di vita, è solo perché queste 3 regole (insieme ad altre cose) le ho imparate e fatte mie. E mi permettono ogni giorno di ottenere risultati importanti, grandi soddisfazioni.

Leggi, studia, impara!

Guardandoti intorno, prendi consapevolezza che o stai al passo con il cambiamento in atto o sei destinato a fallire. Mi dispiace amico mio, non sono io crudele ma il mondo lo è… E se non fai tu qualcosa per te stesso non ti aspettare che lo facciano gli altri… perché non accadrà.

Non sarà la specie più forte a sopravvivere e nemmeno quella più intelligente, ma quella che meglio risponderà al cambiamento” (Charles Darwin)

Puoi sempre vivere nella mediocrità… Lì c’è posto per molti e poi non si sta così male, l’essere umano ha grande capacità di sopportazione del dolore. Certo ci si lamenta, non si può far tutto, solo qualche vacanza di tanto in tanto, si tira un po’ la cinghia ma… la verità è che è la cosa più facile da fare, costa zero, non impegna e non richiede responsabilità.

Oppure puoi imparare ad allenarti (perché le conoscenze valgono zero se poi ne le applichi) e vedere le cose andare in una direzione diversa. Quella che più ti piace.

A te la scelta.

Inizia da queste 3 regole, applicale da subito e…

Buon lavoro! 🙂

Gabriella Rania

 

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[Photo by rawpixel.com on Unsplash]

Proprio ieri pensavo a questo aspetto e oggi voglio dirti qualcosa in più a questo riguardo. Prova a pensare a una situazione nella quale oggi vorresti più risultati. Nel lavoro? Nella vita privata? E in che cosa nello specifico? Con i tuoi colleghi e collaboratori vorresti più partecipazione? Vorresti clienti migliori? Magari invece vuoi migliorare il tuo rapporto con il tuo compagno/a o con qualcun altro.

Pensaci…

Certo, i fattori che entrano in campo sono molteplici. Il tipo di rapporto che hai generato con loro, le tue capacità comunicative e la tua leadership, l’abilità con cui in primis guidi te stesso. Tutte cose importantissime e imprescindibili. Ciò detto, le cose appena menzionate potrebbero non essere sufficienti. Solo se saprai mettere in campo l’ingrediente segreto che sto per svelarti, allora potrai ottenere tanto di quello che vuoi (potrei dire tutto ma non esagero 😉

L’ingrediente è semplice, ma usarlo, lo è un pochino meno. Sei pronto?

FAI SENTIRE IMPORTANTE CHI HAI ACCANTO.

Semplice vero? No. O meglio, lo sarebbe in teoria, nella pratica lo è meno per il seguente motivo. Condizionamento: siamo abituati a notare ciò che non va e meno ciò che va. Una delle caratteristiche del bambino (piccole pillole di Analisi Transazionale) è quella di non sentirsi ok rispetto a un adulto, anche quando vive in una fantastica famiglia piena di amore.
La condizione del Non ok, deriva dal fatto che il bambino, per sua natura, non è autonomo e non può cavarsela nel mondo senza una figura genitoriale di riferimento. Un bambino appena nato ha assoluta necessità di qualcuno che lo nutra, che lo cambi, che si prenda cura di lui. La figura genitoriale di riferimento (mamma, papà, nonni, babysitter o la suora se cresciuti in collegio) sono percepiti dal bambino, come “quelli ok” perché loro possono, conoscono e sanno.

A un certo punto, nella crescita del bambino si sviluppa la parte “adulta” e si crea la necessità di sentirsi ok. Così il bambino inizia a fare le cose in autonomia (un disegno, una capriola, un compito) cercando continuamente approvazione: “Mamma guarda cosa so fare”, “Guarda cosa ho fatto”. Il motivo per cui lo fa è perché vuol sentirsi dire BRAVO. Questo bravo conferma appunto la creazione del mio nuovo stato : “Io sono ok”.

Ma accade, e nemmeno troppo di rado, che la società risponda in modo differente.

“Mamma guarda che bel disegno”. “Smettila con queste sciocchezze e vai a fare i compiti!”
“Guarda cosa so fare” “Ma sei scemo? Non fare così che ti fai male!”

Poi si aggiunge la scuola, dove il sistema prevede che le correzioni (almeno ai miei tempi era così) vengano fatte con la penna rossa su un foglio dove nessuno evidenziava cosa avevi fatto bene, ma solo gli errori, in rosso, così che fossero ben visibili. E d’altra parte, se facevi bene, ti veniva detto che “hai fatto solo il tuo dovere!”

In buona sostanza, siamo spesso stati abituati a sentirci poco ok e a dover continuamente dimostrare quanto valiamo, in primis a noi stessi. È un argomento che affrontiamo nella serata di Analisi Transazionale che dura oltre 3 ore. Dovendo qui fare una super sintesi, il punto è che siamo allenati a notare ciò che non va in noi e negli altri. Di conseguenza, trovare quello che va, dare valore e sottolineare ciò che va bene e fa sentire importante una persona, a volte diventa un compito arduo.

Se siamo severi con noi stessi, diventa difficilissimo notare ciò che facciamo bene e il compito diventa altrettanto impegnativo con gli altri, per il semplice motivo che non ci siamo abituati! Magari ci sforziamo anche, ma… è inutile..!! Le scritte rosse ci balzano agli occhi più facilmente di quelle verdi che nessuno ci sottolineava e che si fa fatica a individuare.

Il problema è che però, non facendolo, inneschiamo un meccanismo poco produttivo e nessuno, se non si sente ok, sarà disposto a fare realmente le cose con entusiasmo e motivazione. Magari esegue un ordine, un comando, perché sei suo Padre o sua Madre, perché ha paura di perderti o perché sei il suo capo, ma non sta scegliendo di seguirti: lo fa perché in qualche modo è “obbligato”.

Se vuoi invece che le cose migliorino davvero, allora devi fare sentire speciale chi hai accanto. E per speciale non intendo dirgli “Bravo!” ma poi aggiungere tutto quello che non va. Comunicagli invece quanto conta per te e quanto apprezzi quello che fa e quello che è. Se riuscirai a far sentire speciale quella persona, non solo sarà molto più stimolata a fare le cose al meglio, ma si creerà un legame speciale con te (perché si sentirà stimato, amato, apprezzato e capito) e sarà anche più propenso ad accettare eventuali future critiche o correzioni.

Vuoi un paio di esercizi che possono esserti di grande aiuto, se fai parte di quelle persone che non sono abituate a notare ciò che va?

1 – Allena il tuo focus. Per 21 giorni prendi un impegno con te stesso e scrivi un elenco, ogni giorno, di 10 cose che di buono ci sono nella tua vita e 10 cose che di buono hai fatto nella giornata. Se stai pensando “ma ogni giorno 10 cose diverse? e dove le trovo!!” allora ti confermo, è l’esercizio perfetto per te.

2 – Questo secondo esercizio è fisico: prendi la tua mano destra e porta il palmo sulla spalla sinistra. Fatto? Adesso datti qualche pacca e ripeti ad alta voce” BRAVO”. Ci scherzo su, ma davvero: impara a dirti bravo, ricordati quanto vali e comportati con rispetto per te. Sii speciale prima di tutto per te stesso, farlo con gli altri sarà una naturale conseguenza, così come i risultati. Provare per credere…

Buon lavoro! 🙂

Gabriella Rania

 

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Queste di inizio estate sono le fatidiche settimane dell’anno nelle quali, rientrati a casa stanchi e affaticati, ci stendiamo sul letto e guardiamo la nostra pancia o le nostre gambe. Da quando sono diventate così ingombranti..??

Le energie (talvolta eccessive) che impieghiamo nel lavoro vengono spesso sottratte ad altre azioni decisamente più sane, come un hobby rilassante o una giusta attività sportiva.

Ci sentiamo così in colpa per aver trascurato il nostro corpo, sia dal punto di vista estetico che salutare, che decidiamo di intraprendere qualche esercizio a casa, in autonomia… Ma la mancanza di rigore, di costanza e anche di conoscenze di fitness vanificano i nostri sforzi portandoci a mollare nel giro di poco tempo.

Decidiamo così di iscriverci in palestra, pagando la nostra quota alla reception con un mix esplosivo di emozioni contrastanti: dalla rassegnazione per non essere in grado di disciplinarsi da soli, alla motivazione di iniziare un nuovo percorso che ci renderà fisicamente più solidi e forti.

Mens sana in corpore sano?

I primi giorni sono una lotta contro il cielo e contro… se stessi! Dopo il primo allenamento fatto di stenti, svenimenti e apparenti insufficienze cardiache, i primi pensieri che sorgono spontaneamente dal cuore sono proprio: “Ma perché mi sto facendo questo?” “Farà davvero bene come dicono?” “Gli amanti del fitness non possono assolutamente essere delle persone normali”.

Le cose sembrano diventare ancora più tragiche al di fuori degli attrezzi e del box doccia ristoratore, perché nella nostra cucina il frigorifero non è più un alleato che tiene al fresco il tuo cibo, ma un demone tentatore che ogni giorno sembra chiederti di scendere a patti con il diavolo. “Che sarà mai una piccola scappatoia alla dieta!” fino al “È davvero l’ultima volta che questa settimana lo faccio, perché dalla prossima niente sgarri” il passo è breve ma estremamente deleterio!

Allora perché vale la pena andare in palestra? Perché un qualcosa – che sembra l’ennesima limitazione che ci impedisce di vivere la vita a pieno – in verità ci fa bene?

La palestra non è solo un allenamento fisico e una serie infinita di dolori muscolari contro cui combattere durante il fine settimana, ma una vera e propria scuola di vita. È il luogo dove ognuno di noi apprende che la salute non è un qualcosa di garantito ed eterno, ma un piccolo germoglio da curare proprio come il contadino che lega il fusto della piantina di pomodoro al supporto rigido: è un qualcosa che va annaffiato e tutelato ogni giorno.

Recarsi lì, uscire di casa e dal proprio guscio protetto (fatto anche di convinzioni sbagliate), costringersi ad avere altre relazioni al di fuori di quelle lavorative, faticare per il proprio bene e sottoporsi a qualcuno con più esperienza di noi, in un settore diverso da quello in cui eccelliamo quotidianamente, ci mette inevitabilmente dinanzi alla nostra fragilità.

Quante volte fingiamo di essere più forti della natura debole della nostra carne? Troppe volte, così tante che prenderne atto inizialmente ci provoca un impatto tanto brusco da voler subito mollare tutto e subito. Poi, però, è solo accettando i ritmi del nostro corpo, i suoi limiti, le sue necessità, che riscopriamo il piacere di una parte di noi stessi che abbiamo soffocato per troppo tempo: il bello di essere deboli ancora una volta.

Fidatevi: contrariamente a ciò che si pensa, essere deboli è davvero bello, perché soltanto chi è debole viene a conoscenza di quel processo di maturazione e di quelle informazioni per diventare forte. È partendo dall’humus della terra che si costruiscono le solide fondamenta di un grattacielo che arriverà a solleticare le nuvole.

In palestra, chi cerca meritocrazia, verrà premiato con risultati concreti, direttamente sulla propria pelle, senza sconti e senza raccomandazioni.

Andare in palestra è un atto di ribellione contro le illusioni della routine quotidiana, un modo per riappropriarsi della naturalità del proprio corpo e potenziarne le virtù!

Provare per credere!

Prisca Carletti

 

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