Comunicare significa essere in grado di farsi ascoltare, in molti casi di convincere e sicuramente di guadagnarsi il rispetto di chi ci ascolta. E se questa è una cosa già di per sé non facile con un singolo interlocutore, con un gruppo di persone, magari molto numeroso, diventa sicuramente ancor più impegnativo.
Insomma, quando si parla in pubblico, le abilità da mettere in gioco, diventano importanti e avventurarsi senza una preparazione – andare “allo sbaraglio” – sarebbe un errore fatale.
Sostanzialmente, bisogna lavorare su 2 fronti: migliorare le nostre doti comunicative ed eliminare gli errori più comuni.
Contrariamente a quello che si pensa, la comunicazione in pubblico, non ha a che fare con regole rigide da osservare scrupolosamente. Al contrario, afferrati i concetti generali, l’obiettivo è quello di liberarsi degli schemi prestabiliti, per comunicare nel modo più naturale possibile.
Nella nostra esperienza, quante volte abbiamo percepito atteggiamenti forzati in chi ci stava parlando? E non è sicuramente un buon inizio per guadagnarsi l’attenzione e la fiducia del pubblico. Infatti, anche senza essere degli esperti di comunicazione, percepiamo subito che qualcosa non va, che qualcosa non quadra e automaticamente tendiamo ad alzare delle barriere, tra noi e chi sta parlando. E’ così che il nostro inconscio manifesta la sua diffidenza.
Ogni aspetto poco naturale, forzato, contradditorio, è quindi nemico di una comunicazione efficace.
D’altra parte, i “numeri” che ben conosciamo sono impressionanti: solo il 7% della comunicazione dipende dal messaggio verbale! Nel restante 93%, entrano in gioco fattori che riguardano la comunicazione non verbale (tutto ciò che non è “parola”).
E poiché quel 93% ha un’importanza determinante: dobbiamo partire proprio da li!
Iniziamo dal contatto visivo, un elemento fondamentale della comunicazione non verbale.
Se gestito nel modo corretto ci permette di:
– eliminare le distrazioni visive
– trasmette sicurezza e interesse
– controllare il (nostro) nervosismo
Tutto questo in un semplice sguardo?
Dedicare la giusta attenzione al pubblico, mantenendo un buon contatto visivo – ripartito su tutta la platea – produce un livello di interesse decisamente più attivo.
E’ così che eviteremo che il pubblico inizi a farsi distrarre da altri elementi (oggetti, persone o da qualsiasi distrazione possibile), allo stesso tempo trasmetteremo sicurezza, generando in modo del tutto naturale il loro interesse.
Sul “contatto visivo”, dobbiamo citare 4 divieti assoluti, punibili con la massima pena: l’indifferenza del pubblico!
1. Sguardo nel vuoto
Comunica il timore di chi parla, o il suo scarso interesse, la sua scarsa considerazione per il pubblico. Crea di fatto un filtro, una distanza che sarà difficile colmare in altri modi. Il destino di chi dirige il suo sguardo nel vuoto è fatto spesso di platee addormentate, distratte o, grazie alla tecnologia, impegnate col loro smartphone! 🙂
2. Scanning
Definiamo con questo termine, l’abitudine a far passare nervosamente lo sguardo a ripetizione, su tutta la platea. Comunica nervosismo e in molti casi lo trasmette al pubblico, producendo fastidio. Può inoltre contribuire a far perdere la concentrazione proprio a chi parla, è infatti una pratica che non aiuta a mantenere il focus sull’argomento.
Spesso, è frutto di una malcomprensione, di quanto detto fin’ora sull’importanza di guardare il pubblico: ok che dobbiamo guardare tutto il pubblico, ma non dobbiamo certo trasformarci in robot schizofrenici, che a mitraglietta passano al setaccio fino all’ultima persona presente.
3. Spalle al pubblico
Sembra superfluo, ma ancora oggi molte persone che parlano in pubblico abitualmente, spesso per lavoro, non si fanno mancare lunghi momenti, in cui le spalle, diventano la loro interfaccia col pubblico.
Crea un grande distacco, un vuoto che il pubblico avverte immediatamente, distraendosi e perdendo interesse. Se indispensabili, riduciamo questi momenti a pochi istanti, per recuperare appena possibile il contatto visivo con la platea.
4. Contatto d’occhi fisso
Un’errore comune a molti di noi è quello di guardare insistentemente una persona di riferimento, spesso la figura più importante (il capo famiglia, un responsabile, il direttore, ecc.) o semplicemente una faccia compiacente nel pubblico (chi sembra darci ragione con la sua espressione).
La cosa però, produce come effetto collaterale, la perdita d’interesse da parte del resto del pubblico. Senza considerare che lo sguardo fisso e le attenzioni insistenti di chi parla, creano fastidio a lungo andare, “perché guarda proprio me?”, potrebbe chiedersi infastidito l’interessato.
Quindi, distribuire il nostro sguardo in maniera proporzionata su tutta la platea, senza cadere nell’errore dello “scanning”, è una cosa fondamentale per mantenere alta l’attenzione e creare un ottimo legame con il pubblico, trasmettendo sicurezza.
A questo punto potrei scrivere anche di postura, gestione dello spazio, tono della voce, “non parole” e molto altro…
Lo farei volentieri, ma i ragazzi che si occupano di far funzionare al meglio il blog mi hanno minacciato di “segare” letteralmente i miei post troppo lunghi… (ma non era il MIO blog???)
A parte gli scherzi, sulla comunicazione non verbale, potremmo fare davvero post kilometrici e abbiamo iniziato con qualche elemento di facile applicazione e di sicuro interesse per chiunque si ritrovi a parlare in pubblico: dalle piccole riunioni d’ufficio fino a platee imponenti.
Quanto spiegato infatti, non riguarda solo chi di lavoro si confronta con grandi platee: i nostri 3 colleghi, possono essere la nostra platea e con loro possiamo imparare a gestire al meglio la comunicazione, quando vogliamo farci ascoltare.
Perciò, visto che tanto ancora ci sarebbe da dire, per oggi è tutto, ma una cosa è certa: sulla comunicazione efficace torneremo molto presto!
🙂
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ORA TOCCA A TE!
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