“Le faremo sapere”. Classica frase detta da un selezionatore al termine di un colloquio.
“Grazie, la richiamo io”, afferma a volte il potenziale cliente dopo che gli hai spiegato tutti i benefici del tuo prodotto.
Resti ad attendere che il telefono squilli. E speri. Ripercorri nella tua mente come sia andato l’incontro e ti domandi se avrai detto “le cose giuste”. Ricorda: tendenzialmente non esistono “le cose giuste” da dire.
Ovvio che, se sei un venditore/un professionista/un imprenditore è importante che tu faccia dei corsi ad hoc per imparare tecniche specifiche per relazionarti al meglio e per gestire e chiudere le trattative, è importante che tu acquisisca un metodo. Oggi esistono corsi su tutto, per prepararsi ai colloqui di selezione e persino “per diventare re e regine di cuori”. Alcune tecniche sono di certo utili se messe in pratica. Il punto è però che da sole non bastano, e quando incontriamo qualcuno che ne applica pedissequamente una, noi “lo sentiamo”, perché in genere risulta “finto”, freddo, poco empatico.
Al di là di tutto, nella relazione con gli altri, la differenza la facciamo NOI COME PERSONE, la nostra storia, le lezioni che abbiamo imparato dai successi e dai fallimenti, i sentimenti che nutriamo, i sogni e progetti che ci animano, il modo in cui affrontiamo la vita e le sue sfide, la capacità di restare lucidi e centrati nei momenti di stress e di “rialzarci” nei periodi difficili, la fiducia nelle nostre risorse… Noi non siamo il nostro percorso di studi, il lavoro che svolgiamo o quello che sappiamo fare, cioè le nostre abilità: siamo molto di più. Diventare consapevoli della nostra unicità è il primo step. E i percorsi di crescita personale permettono in primis proprio questo.
Il “livello successivo” consiste nel riuscire a comunicare agli altri questa unicità, e questo vale sempre, durante un colloquio di lavoro, davanti ad un potenziale cliente e persino di fronte a qualcuno che ci interessa come partner. Il punto è che la qualità della nostra comunicazione è strettamente connessa alla nostra capacità di gestire le nostre emozioni: pensa a quando sei sereno, tranquillo, rilassato…come comunichi con gli altri? E quando invece sei arrabbiato, infastidito o nervoso? Ti sarà di certo semplice rispondere.
Il candidato che avrebbe tutte le carte in regola per superare il colloquio, ma si fa prendere dall’emozione e “non rende come potrebbe”. Lo studente preparato che all’esame non riesce a gestire l’ansia e “va nel pallone”. Il professionista o l’imprenditore che si sente in difficoltà per una qualche obiezione e si irrigidisce davanti al cliente. L’uomo o la donna che di fronte ad un potenziale partner interessante si blocca e/o non riesce ad essere brillante come al solito…
Sono solo alcuni esempi di quanto un’emozione non gestita possa limitarci nei risultati e nell’espressione di noi stessi. Ecco perché, se non vuoi perderti importanti chance, ma vuoi invece cogliere davvero le opportunità che ti si presentano lungo il percorso, è fondamentale che tu sia consapevole di come funzioni la tua gestione emozionale.
Prima di collaborare attivamente con la Roberto Re Leadership School, ho lavorato per più di 10 anni nel settore della Selezione del Personale: ho incontrato molte centinaia di candidati, sia in colloqui individuali che in prove di gruppo, avendo a che fare con profili diversi, dal neodiplomato/neolaureato, all’impiegato, al venditore, al manager d’azienda ecc.
Non puoi immaginare quanti laureati con ottimi voti o professionisti “certificati” non riuscissero a “vendersi”, cioè a valorizzare il proprio percorso o le proprie competenze, a presentarsi in modo impattante e convincente, a comunicare il valore aggiunto che avrebbero apportato perché bloccati dall’emozione del momento. In situazioni come quelle, ti assicuro, un 110 e lode o un corso in più sul cv non bastano. Oltre che valutarne le abilità tecnico-professionali, lo scopo di una selezione è infatti quello di vedere come, sotto pressione, reagisca la persona.
E poi c’erano quei candidati, quelli che magari non avevano avuto il miglior iter accademico, ma durante gli studi avevano cercato un lavoretto part-time per non gravare tanto sui genitori. Nel tempo libero facevano volontariato o si divertivano a suonare in un gruppo. Appena potevano viaggiavano e nel fare tutto questo avevano sviluppato una notevole flessibilità in grado di far loro cogliere con positività le nuove sfide, oltre che di relazionarsi al meglio all’interno di un team. Questi erano più spontanei, a proprio agio, predisposti a mettersi in gioco con naturalezza.
Vuoi sapere una cosa? In più del 90% dei casi veniva scelta quest’ultima tipologia di candidati, piuttosto che quelli con il curriculum “certificato” o con il 110 e lode.
Come mai? La differenza non la fa il tuo cv, i corsi che hai fatto o il tuo prodotto. Oggi, sempre più, la differenza la fai TU. Le aziende ed il mercato, sempre più competitivo, cercano PERSONE che apportino valore. I clienti “comprano prima la persona”, poi il prodotto/servizio.
Tu che VALORE stai apportando ai contesti in cui ti trovi? E in cosa puoi migliorare da subito per comunicarlo al meglio?
AD MAIORA!
Daniela Ferrante
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